Un altro prezioso contributo sul tema psicologia a misura di bambino, a cura della dottoressa Manuela Arenella, psicologa psicoterapeuta, specializzata in psicologia dell’infanzia e dell’adolescenza. Risponde alle vostre richieste e sollecitazioni (potete utilizzare l’indirizzo mail info@bimbiarimini.it), stavolta a una mamma che, dovendo la famiglia trasferirsi in un altro Paese, chiede consiglio sulla scelta della scuola per il figlio maggiore (in difficoltà anche in Italia)
DOMANDA
Cara Manuela, Ti scrivo perché ho alcuni dubbi al riguardo del mio figlio più grande… Siamo una famiglia di 4, io (la mamma) sono danese e mio marito fiorentino. Viviamo a Firenze dal 2003 e abbiamo due figli: G. di otto e L. di 16. Ora ci trasferiamo in Danimarca e dovrò scegliere una scuola adatta a tutti due. Avevo pensato di mettere quello grande in una scuola con vitto ed alloggio per fargli fare amicizie più velocemente e vivere magari più spensierato, senza sentire troppo la mancanza dei suoi amici e del suo ambiente. La scuola è un posto bellissimo con una vita altamente sociale e tante attività di suo interesse.
Sembra che a questa età non importi tanto la presenza dei genitori, ma poi mi è venuto un dubbio: non vorrei che si sentisse troppo abbandonato. Ho provato a parlare con lui ma degli aspetti emotivi lui non ne vuole parlare.
La nostra vita in Italia è stato molto difficile, specie sul piano economico, che ha gravato su tutto il resto. Gli anni della scuola media sono stati molto traumatici per tutti quanti: lui non studiava ed è stato bocciato una volta e mio marito non rendeva la situazione più facile con le sue arrabbiature. Io ho sempre ritenuto la scuola media non adatta per nessun allievo e chi non ha il senso del dovere e non è stimolato per forza ha un rendimento scarso. Poi non avendo voglia di studiare è stato bocciato di nuovo al liceo artistico. Ritengo comunque che sia un insieme di cose tra una scuola di apprendimento rigido e unilaterale, lui come persona (un sognatore, giocherellone) e noi come genitori che siamo quasi mai d’accordo sulle cose e le difficoltá della vita in generale. Ora mi chiedo se rischio di peggiorare le cose mandandolo via da noi o se invece gli darò un po’ di tregua e modo di trovare se stesso? Grazie per il tuo tempo. T.
RISPONDE DOTT.SSA MANUELA ARENELLA
Cara T., credo che i suoi dubbi siano più che legittimi, e che faccia bene a seguire il suo istinto, che le ha già dato la risposta che cerca.
A mio avviso, per un sedicenne, per di più con gli aspetti di fragilità che lei descrive (fatica ad assumersi l’impegno della scuola, tendenza a “fuggire” nel gioco, da una realtà che gli chiede di assumersi delle responsabilità, ecc..), essere catapultato in una vita lontano dalla famiglia può essere sentito come un abbandono.
Soprattutto nei momenti di cambiamento, e quindi nei trasferimenti, è fondamentale cercare di mantenere il contesto familiare unito, coeso, in modo da fornire ai figli una base sicura su cui contare, per affrontare le fatiche dei nuovi adattamenti.
Qualcuno crede che, per insegnare a nuotare ad un bambino, lo si debba lanciare in acqua senza preavviso. La terapia d’urto, apparentemente, può anche funzionare ma lascia dentro un’infinita sensazione di paura, di precarietà, di non rispetto dei propri bisogni e tempi.
Tutto ciò per dire che, catapultato in una scuola con vitto e alloggio, probabilmente suo figlio ce la farebbe ad inserirsi, ma a che prezzo? Con quanta fatica e sofferenza?
L’adolescenza è l’età in cui i genitori devono esserci, devono farsi sentire presenti, permettere al ragazzo di arrabbiarsi, di metterli in discussione, di lottare per avere maggiori autonomie.
E’ una presenza diversa, rispetto a quando erano piccoli, più ferma, meno invasiva; si resta un passo indietro, si monitora a distanza, ma non ci si può sottrarre al proprio ruolo!!
I figli hanno sempre, fortemente, bisogno di sentirsi voluti, desiderati, appartenenti ad una famiglia che li vuole. Non cerchi di lenire la sofferenza legata al trasferimento, cerchi di condividerla, di parlarne, perché nei passaggi è importante viversi la tristezza per ciò che si lascia, prima di incontrare la gioia per ciò che si trova.
Forse, più che pensare di mandare suo figlio a vivere altrove, sarebbe utile discutere con suo marito e cercare il modo di risolvere le problematiche legate all’incoerenza che c’è tra voi, i conflitti e le rabbie che i vostri figli respirano quotidianamente, anche perché un adolescente maschio ha un profondo bisogno del papà, per poter diventare un uomo. In bocca al lupo per il vostro nuovo inizio!
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MANUELA ARENELLA, psicologa psicoterapeuta, specializzata in psicologia dell’infanzia e dell’adolescenza a Bologna, già da alcuni anni tiene corsi di formazione per educatori di asili nido e scuole e personale docente, ma anche per genitori, in varie località della Romagna e anche a San Marino.
Svolge attività libero-professionale presso proprio studio a Bellaria (via Conti 37) e a Bologna. Ha rapporti di collaborazione consolidati con i Servizi Educativi di San Marino e con il Centro per le Famiglie di Rimini, organizzando serate a tema per i genitori su diverse tematiche, in particolare sui bisogni dei bambini, le relazioni interfamiliari e il valore delle regole.