Un altro prezioso contributo sul tema psicologia a misura di bambino, a cura della dottoressa Manuela Arenella, psicologa psicoterapeuta, specializzata in psicologia dell’infanzia e dell’adolescenza. Risponde alle vostre richieste e sollecitazioni (potete utilizzare l’indirizzo mail info@bimbiarimini.it), stavolta a una mamma che chiede consiglio di fronte alle difficoltà e ai piccoli ritardi del figlio di 6 anni
DOMANDA
Buongiorno, ho due bambini, uno di sei anni e una bimba di 20 mesi. Il problema è il più grande: lui soffre di disprassia verbale, che stiamo curando con una logopedista e della ginnastica, ha iniziato a parlare molto tardi (a 3anni diceva solo mamma e papà) e a camminare a 15 mesi. E’ stato sempre molto goffo nei movimenti, è stato visto da neuropsichiatri , foniatri, pedagogisti ecc., dicono che con il tempo migliorerà… E’ in prima elementare con le difficoltà del caso, fatica con i dettati ma se non è in giornata non c’è niente da fare, così come a casa non risponde a un ordine/invito, neanche ai più semplici come ‘vestiti’, ‘vai a lavare i denti’, ‘vai avanti a mangiare’ (per mangiate un primo impiega fino a un’ora.). Anche con il rispetto verso i genitori non andiamo bene: ‘ti spacco la faccia, stupida’, ‘ti rompo la testa…’, e in casa di sicuro queste parole a lui non vengono dette, siamo molto attenti. Il suo maestro di judo, appena tornato da un corso di auto-gestione, ha detto che deve smettere di baciare tutti per tenere buone le persone e per ottenere aiuto, così mi dicono anche le maestre che è molto immaturo. Io cerco di spronarlo per aiutarlo ad arrangiarsi, ma molto spesso mi sfianca e lo imbocco pure per fare in fretta. Sono stanca perché ho anche una bimba di 20 mesi da seguire e non ho nessuno che mi può dare respiro neanche per mezz’ora. Cosa posso fare per farlo maturare, per farmi ascoltare e rispettare? Grazie
RISPONDE DOTT.SSA MANUELA ARENELLA
Gentile Signora, la situazione che descrive è molto complessa e sicuramente faticosa. Traspare dalla sua lettera un mix di sentimenti contrastanti, dalla rabbia, alla tenerezza, alla rassegnazione.
Da ciò che descrive posso ipotizzare che ci sia un problema legato alle regole, al dare delle indicazioni chiare al suo bimbo su ciò che si può o non si può fare, stoppando in modo fermo i comportamenti verbalmente violenti.
Sul sito trova diversi articoli scritti in precedenza, che spiegano in modo esauriente come far rispettare le regole e dare limiti fermi.
Tuttavia, in questa situazione specifica credo che a metterle i bastoni tra le ruote siano due aspetti fondamentali.
Lo scoprire che nostro figlio ha delle difficoltà o dei piccoli ritardi ci porta a sviluppare un modello di accudimento ansioso, per cui, senza volerlo, attiviamo dinamiche iperprotettive che tendono a proteggerlo dagli sforzi e dalle fatiche, a spianargli la strada.
Tutto questo, però, ha l’effetto di rendere il bambino ancora più fragile, insicuro, poiché non è investito di fiducia e non può mettere alla prova le sue potenzialità, per cui nel bambino si alimenta un bisogno di dipendenza e condotte regressive.
Il baciare tutti o il cercare il contatto fisico continuo può avere a che fare con il bisogno di essere accettato e approvato, che è tanto più forte, quanto più ci sentiamo fragili ed insicuri.
Legato a questo aspetto c’è il lavoro sulle autonomie. I bambini hanno bisogno di fare da soli, di genitori che accompagnano nel processo di crescita, senza sostituirsi per ansia, fretta o bisogno di controllo.
Dia un tempo preciso per il pranzo, un tempo per i compiti, aiuti il suo bambino ad orientarsi facendogli vedere l’orologio. Finito il tempo si fa altro, si gioca, si esce.
Dare un tempo all’esperienza permette al bambino di orientarsi e, pian piano organizzarsi per stare in quel tempo.
Il messaggio che deve passare è un messaggio di fiducia rispetto al fatto che, piano piano, ce la farà (a mangiare da solo tutto il piatto, a fare i compiti, a vestirsi, ecc…)
Se lei subentra e lo imbocca, il messaggio che trasmette a suo figlio è “lascia perdere, ti aiuto io perché da solo non ce la puoi fare”, e questo alimenta da un lato la sua insicurezza, dall’altro la rabbia verso la mamma che non lo sostiene nel fare da solo, e gli rispecchia un’immagine di sé deludente.
Credo sia importante che lei rifletta su come vede il suo bambino, su cosa si aspetta da lui, su come vive i suoi limiti e le sue risorse, poiché i bambini sono estremamente sensibili agli sguardi dei genitori, che possono nutrire, se trasmettono fiducia e incoraggiamento, o ferire se trasmettono delusione e rassegnazione.
In tutto questo, il papà dov’è?? Essere da sole a gestire, oltre le questioni pratiche, anche le tempeste emotive è estremamente stancante. Sarebbe importante condividere con suo marito le preoccupazioni e i vissuti rispetto al vostro bambino e avere una coerenza rispetto alle regole da applicare.
Trattatelo da bambino di 6 anni, che deve imparare a rispettare un sistema di regole e sperimentarsi nelle autonomie (prima tra tutte il dormire e mangiare da solo); agire sulla base di sensi di colpa e dinamiche iperprotettive non fa che peggiorare le cose.
Spero di averle dato qualche spunto di riflessione utile; nel caso la situazione non migliorasse le consiglierei di rivolgersi ad uno psicoterapeuta infantile della sua zona. Un caro saluto.
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MANUELA ARENELLA, psicologa psicoterapeuta, specializzata in psicologia dell’infanzia e dell’adolescenza a Bologna, già da alcuni anni tiene corsi di formazione per educatori di asili nido e scuole e personale docente, ma anche per genitori, in varie località della Romagna e anche a San Marino.
Svolge attività libero-professionale presso proprio studio a Bellaria (via Conti 37) e a Bologna. Ha rapporti di collaborazione consolidati con i Servizi Educativi di San Marino e con il Centro per le Famiglie di Rimini, organizzando serate a tema per i genitori su diverse tematiche, in particolare sui bisogni dei bambini, le relazioni interfamiliari e il valore delle regole.