Ancora un prezioso contributo sul tema psicologia a misura di bambino, a cura della dottoressa Manuela Arenella, psicologa psicoterapeuta, specializzata in psicologia dell’infanzia e dell’adolescenza. Risponde alle vostre richieste e sollecitazioni (potete utilizzare l’indirizzo mail info@bimbiarimini.it), in questo caso a una mamma in difficoltà perché la figlia di 5 anni ha assunto un atteggiamento di sfida dopo la nascita del fratellino
DOMANDA
Salve dottoressa, sono mamma di una bimba di 4 anni e di un maschietto di 5 mesi. Le scrivo per avere un consiglio su come rapportarmi con mia figlia che da due mesetti ha iniziato a sfidarmi di continuo. Già appena sveglia è una lotta, non ascolta, butta tutto per terra e si comporta come se non avesse bisogno di me. Io sono una mamma molto affettuosa e anche se lavoratrice, fin da quando è nata ho sempre cercato di dedicarle tanto tempo tralasciando spesso e volentieri tutto il resto. Inevitabilmente con l’arrivo del fratellino le mie attenzioni sono un po’ diminuite, lei a tratti sembra essere diventata più indipendente, ma riconosco che il suo è un modo per attirare l’attenzione, perciò ho cercato di essere comprensiva, di non rimproverarla ma lei continua, tanto che sembra non voler nemmeno stare a casa chiedendo di andare dalle nonne o dalle compagnette di scuola. Io ci sto sempre più male, ho provato anche con altri metodi, rimproverandola, ma le cose sono peggiorate. Ho cercato di dedicarmi di più a lei ma ottengo un attaccamento morboso, vuole stare in braccio, vuole mangiare sempre prima del fratellino (anche se per lei non sarebbe ora), vorrebbe avermi tutta per lei ed io non so come comportarmi e trovare una via di mezzo che possa andare bene per tutti. Se le dedico tanto tempo lei ne richiede sempre di più, se cerco di limitami lei si distacca completamente… o tutto o niente!!! Ho paura di farla soffrire troppo e che questo possa influire sul nostro rapporto anche futuro. Le faccio presente che con il fratellino è molto affettuosa, e che questo tipo di atteggiamento lo ha solamente con me. Grazie!!
RISPONDE DOTT.SSA MANUELA ARENELLA
La gelosia nasce quando, con la nascita di un fratellino, si concretizza la più antica delle paure di un bambino: l’angoscia di essere abbandonato, rifiutato o escluso.
Il piccolo “intruso” minaccia tutto il suo mondo e soprattutto il suo rapporto con la madre. E’ quindi fisiologico che il bambino reagisca con violenza a questa minaccia così estrema e reale, alla quale risponde con la prima delle difese, cioè attaccando.
L’aggressività può essere rivolta al fratellino, oppure, come nel suo caso, alla mamma, da cui, soprattutto se prima c’era un attaccamento ed una dipendenza eccessiva, ci si sente “traditi”.
Ciò che fa pensare ad una dipendenza eccessiva è il fatto che il “fare da sola” viene descritto come un dispetto, piuttosto che una conquista evolutiva, e che lei, nel vedere la sua bimba indipendente, si sente in colpa, piuttosto che orgogliosa.
Credo che per prima cosa sia importante che lei lavori sui suoi sensi di colpa, e sul valore che hanno i movimenti di autonomia di un figlio, che sono la cartina tornasole del fatto che abbiamo lavorato bene!
La sensazione è che la sua bimba non sia stata allenata gradualmente a fare da sola, ma si sia ritrovata “costretta” dalla nascita del fratellino, e questo ha scatenato una rabbia enorme, che si manifesta con i capricci, le sfide e il prendere distanza.
Non bisogna sgridarla o colpevolizzarla per ciò che prova, ma neanche lasciar passare inosservati atteggiamenti irrispettosi o di sfida. E’ importante che la sua bimba possa esprimere questa gelosia, sia verbalmente che maltrattando il suo orsacchiotto o pupazzo che sia, ma dovrebbero valere le stesse regole di sempre, rispetto a ciò che si può e non si può fare.
E’ importante verbalizzare cosa c’è dietro la rabbia della sua bimba. “La mia bimba è arrabbiata, perché pensa che la mamma voglia bene di più al fratellino, i fratelli sono faticosi, piangono, hanno bisogno di tante attenzioni, ma l’amore dei genitori non si divide, ma si moltiplica, ed aumenta ad ogni figlio”.
Trovi le sue parole, i suoi modi, la cosa importante è trasmettere alla sua bambina che la capisce, ma senza colludere con l’idea che la nascita di un fratellino è un trauma che deve generare sensi di abbandono da un lato, e sensi di colpa dall’altro.
Non so che esperienza abbia lei, rispetto a fratelli o sorelle, ma è importante, oltre che riconoscere le fatiche, sostenere le ricchezze di questa esperienza.
E’ importante dare conferme al grande, ritagliandosi dei momenti esclusivi con lui, valorizzando le cose “da grande” che può fare, ma è altrettanto importante ribadire che il piccolo c’è, e che fa parte della famiglia.
Ci si può occupare di lui cercando contemporaneamente di coinvolgere anche il grande, affinché non si senta escluso, ma avendo chiaro che, chi ha più bisogno di mamma, al momento, è il piccolo.
In questi casi diventa importante la figura del papà, che però non è nemmeno menzionato… Sarebbe importante che il papà coinvolgesse la maggiore, in cose ed attività “da grandi”, cose che il piccolino non può ancora fare.
Spesso i bimbi, con la nascita di un fratellino, tendono a regredire e a chiedere di riprendere atteggiamenti ormai abbandonati (essere cullati in braccio, bere il latte dal seno, ecc…). E’ importante non colludere con queste richieste, al massimo si può “giocare a far finta che eri piccolino”, ma senza esagerare. E’ importante ribadire la bellezza di essere grande, e coltivare la profonda convinzione che la nascita di un fratellino non è un trauma, ma una fatica evolutiva, utile!
Dalla domanda posso ipotizzare che la mamma sia molto preoccupata per questi atteggiamenti, e forse proprio questa preoccupazione l’ha portata ad essere più cedevole rispetto alle richieste e meno ferma nello stoppare le manifestazioni aggressive della primogenita.
Ho la sensazione che, per tutelare la bimba da una sofferenza, la si sia lasciata alle prese con una rabbia che, se non arginata, non si esaurisce, né si trasforma in energia costruttiva.
Sembra piuttosto che si sia chiesto al piccolo di “portare pazienza”, o di capire ed aspettare.
Aiutiamo il grande a crescere, se gli chiediamo di aspettare il suo turno, “ora la mamma deve allattare il fratellino, se vuoi fare la tal cosa con me puoi aspettare, oppure fare da sola”.
Al di là delle ipotesi, comunque, è importante partire dal presupposto che:
– una quota di gelosia è fisiologica e strettamente connessa al legame di fratellanza;
– che non devono essere tollerate manifestazioni di aggressività diretta sui fratellini, che vanno tutelati;
– che si può verbalizzare al grande che capiamo che è molto arrabbiato, perché è arrivato il fratellino, e teme di perdere l’amore della mamma, ma quanto più aumentano i figli, tanto più l’amore si moltiplica!
Ciò che conta di più, anche se non è facile, è che la mamma mantenga in sé la piena convinzione che certe sofferenze possono anche avere esiti evolutivi, che dare un fratellino non è fare un dispetto, ma un regalo enorme, e che la fratellanza è un legame che cresce giorno dopo giorno, nutrendosi di genitori che non agiscono sulla spinta di continui sensi di colpa (ora verso l’uno, ora verso l’altro), e della possibilità di sperimentare amore e odio per la stessa persona, senza che succeda niente di grave. Spero di esserle stata d’aiuto.
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MANUELA ARENELLA, psicologa psicoterapeuta, specializzata in psicologia dell’infanzia e dell’adolescenza a Bologna, già da alcuni anni tiene corsi di formazione per educatori di asili nido e scuole e personale docente, ma anche per genitori, in varie località della Romagna e anche a San Marino.
Svolge attività libero-professionale presso proprio studio a Bellaria (via Conti 37) e a Bologna. Ha rapporti di collaborazione consolidati con i Servizi Educativi di San Marino e con il Centro per le Famiglie di Rimini, organizzando serate a tema per i genitori su diverse tematiche, in particolare sui bisogni dei bambini, le relazioni interfamiliari e il valore delle regole.